domenica 29 agosto 2010

C'è già stato un Bulgakov o un Conrad prima di te.


Io nemmeno sapevo dell'esistenza di Neil Gaiman. Ci sono arrivato per le vie strette e tortuose di Internet. E dire che la modernità doveva farsi largo a forza di spaziosi boulevard; troppi inconvenienti con le barricate. Va a finire che per portare al livello successivo l'ossessione che mi sta montando per Amanda Palmer e, andando dal tutto ad una parte, per il suo account Twitter, mi metto a cercare notizie su questo suo fidanzato, che sembra essere una personalità artistica particolarmente prolifica e -molto- famosa. Nell'ora, abbondante, successiva passo in rassegna schede di Wikipedia, trame dei suoi romanzi e delle sue sceneggiature, critiche delle stesse. E' uno di quei momenti in cui maledico con insistenza il non essere cresciuto negli Stati Uniti o per lo meno in un Paese anglosassone (no, al diavolo, Stati Uniti e basta). Perché, per come sono fatto, se fossi cresciuto in un ambiente simile ora possiederei una meravigliosa e confortante cultura pop, che pettinerei per ore in uno stato di auto-esaltazione, che sarebbe una perfetta coperta di Linus per i momenti di crisi interiore: bando alle ciance e alle depressioni, ho sempre lei! Ho letto, ascoltato, guardato, accumulato ricordi e citazioni in scatoloni sempre più grandi, riempiendo lo spazio attorno a me; non posso mai essere solo. Perché potete raccontarvi molte balle, ma la verità è una sola: fuori dal mondo anglosassone, questo non è possibile; potete cercare di costruirne comunque una brutta copia, ma arrancherete sempre, affannandovi a tappare le fallementre il divario continuerà ad allargarsi. Momenti del genere non sono certo rari; è come quando dovete affidarvi ad un motore di ricerca per non essere riusciti a cogliere subito un riferimento di Perle ai Porci o dei Boondocks. Una volta, per prevenire, c'era almeno Condor; ora c'hanno rubato anche quello. Voglio una cultura pop molto più densa.

Ma c'è una frase di Neil Gaiman sulla pagina inglese di Wikipedia, con cui fare i conti (ovviamente si tratta di qualcosa che avete sempre saputo, e non è certo Gaiman a farvi sorgere per primo pensieri simili. Ma questa frase arriva come un fulmine a ciel sereno, mentre eravate persi tra pensieri opposti, e lo spiazzamento è grande); non è tutto così semplice.

“One of the joys of comics has always been the knowledge that it was, in many ways, untouched ground. It was virgin territory. When I was working on Sandman, I felt a lot of the time that I was actually picking up a machete and heading out into the jungle. I got to write in places and do things that nobody had ever done before. When I’m writing novels I’m painfully aware that I’m working in a medium that people have been writing absolutely jaw-droppingly brilliant things for, you know, three-four thousand years now. You know, you can go back. We have things like The Golden Ass. And you go, well, I don’t know that I’m as good as that and that’s two and a half thousand years old. But with comics I felt like — I can do stuff nobody has ever done. I can do stuff nobody has ever thought of. And I could and it was enormously fun.”

Perché, in realtà, la maggior parte del tempo sono perso in riflessioni del tutto opposte. Per esempio: vivere oggi, sotto questo punto di vista (solo sotto questo, probabilmente) è una gran fregatura. Non si può non rimpiangere l'epoca dei pionieri, quando molti stili e forme artistiche erano ancora sconosciuti e lungi dall'esistere, quando nuovi stili e nuove forme potevano essere create dal nulla, quando gli spazi erano ampi, tutto era verde e lussureggiante e potevi essere tu il primo a lasciarci un impronta. L'età delle scoperte e delle grandi invenzioni.

E non si tratta di un sentimento molto nobile questo. Non è l'intenso desiderio di dare il proprio contributo all'esplorazione; non è lo sfogo dell'ardore, del coraggio, dell'amore per il nuovo. Sotto molti punti di vista è una forma di pigrizia e di indolenza. Perché territori artistici vergini oggi esistono ancora, là oltre l'atmosfera, ma per esplorarli bisogna tirarsi a lucido, rimboccarsi le mani, studiare e raggiungere l'eccellenza, sperando che ci sia data l'opportunità di fare gli astronauti. Una volta non era mica così. I pionieri, i colonizzatori, non dovevano poi essere chissà quali spiriti nobili, ed anzi spesso non erano altro che carcerati (attuali, od ex), pochi di buono, criminali o la feccia più emarginata. Quando lo spazio era tanto e facilmente accessibile era tutto una cuccagna.

Non è poi molto giusta, questa cosa. Puoi anche avere un'idea brillante, con l'isolato sforzo della tua mente, ma è solo questione di quanto tempo ed energia vuoi impiegare nella ricerca e se fai le cose per bene scopri di sicuro che un discreto numero di altre persone l'hanno già avuta prima di te, e si sono presi la briga di svilupparla sufficientemente bene da non lasciarti la possibilità di aggiungere qualcosa di rilievo. Niente da fare, Cuore di Cane, Il Signore delle Mosche e Cuore di Tenebra sono già stati scritti.

Certo, non facciamo troppo i melodrammatici. Non è una trappola poi molto letale. Basta mettersi il cuore in pace, riflettere a mente fredda, e accettare l'idea che, per quanto troverete sempre qualcuno disposto a sostenere il contrario, il culto della novità che regna è senza dubbio pompato e non è per nulla necessario perdersi in foreste fitte, lande desolate, sentieri impraticabili; una sigaretta, una birra e passate in rassegna le solite strade abituali, confortevoli, tirando fuori quello di buono che è possibile. Ma a mente fredda, appunto; a mente fredda non c'è grande spazio per le soddisfazioni, e non si arriva certo dove c'eravamo prefissati.

sabato 14 agosto 2010

Vi manco, lo so.


Tengo botta, spreco tempo, ascolto album sul cricket, accumulo idee per un progetto che non so bene quando vedrà la luce.

(aspetto i mini-live di Dente e Marta sui Tubi a Stereonotte)