sabato 29 gennaio 2011

Ultime trovate contro la cronaca.

Ci sono persone che ci provano. Vengono a patti con i propri limiti -ne vengono a capo, si potrebbe anche dire- e con quel che resta si danno da fare. Compiono con professionalità il proprio lavoro e quello di uno si unisce a quello dell’altro, ed ancora, più volte, questi sforzi tenaci si uniscono, si rafforzano a vicenda, si saldano a formare un insieme di qualità, qualcosa che possa migliorare, in qualche modo, la vita degli altri. Ci sono persone poi, altre persone, che nel seguire queste strade, a testa bassa e con tenacia, meritano ancora maggiore attenzione. Perché in questo loro lavoro sono chiamati al sacrificio e all’abnegazione. Perché per loro potremmo scomodare – dal vocabolario della nostra mitologia civile – il termine eroe. E il suono altisonante, la luce classica che questa parola si porta dietro sono cose che arrivano dopo, a posteriori, a volte tirate per i capelli per un tentativo sghembo di risarcimento. Di classico addosso a quella parola, nel durante, non resta che la tragicità. E, una volta preso su di sé questo fardello, non ci si può nemmeno aspettare qualche piccola agevolazione, ma ostacoli anzi. Capita di ritrovarsi di fronte i demoni passati e capire che non erano scomparsi, si erano solo messi calmi in attesa del momento più duro per tornare più forti, marciare su un campo già vinto. Di vedersi scarnificare, strato a strato, di tutti gli ambienti confortevoli in cui si giocano i diversi ruoli della vita; tutto strappato lontano, finché non rimane altro che quella missione, bestia affamata e gelosa. Di smarrirsi e non riuscire più a capire, di dubitare sempre di più, più di quanto sia normale, o lecito, o auspicabile; di dubitare di se stessi – non delle proprie capacità, o motivazioni – della propria stessa esistenza – se è scritta, quante pagine ancora? Perfino di essere certi che non ci sia altra scelta, che solo annullandosi si potrà dare un contributo, che annullarsi è il solo contributo che ci è possibile – non si è destinati a sfide più grandi, per quelle restano i compagni, andandosene arriverà l’attenzione di molti e per alcuni, tra tanto orrore, la speranza – chi combatte per noi mette in conto la morte, la accetta, e lotterà anche oltre questo tabù ultimo.

Ci emoziona conoscere le storie di questi eroi. Non è così semplice passare sopra l’enfasi che li anima, il loro puntare dritto verso la Verità. D’altronde, è rimasto qualcosa che ci spaventa più dell’incontrare una maiuscola sulla nostra strada? L’idea che qualcuno ci creda, alle maiuscole, che ci corra incontro, che si senta chiamato. Le vocazioni sono pericolose, ci è stato insegnato, portano da brutte parti, il fanatismo, un furore che brucia. Ma probabilmente non è il caso di tenersi stretti tutti questi pudori – mollare gli ormeggi, le reticenze; abbracciare per una volta una causa per intero, abbandonandosi ad essa, senza lasciarsi frenare dai dubbi.

Ve ne convincerete di sicuro appena farò cenno al fatto che questi eroi, raminghi alla ricerca disperata della Verità, si trovano di fronte un pericolo ben più oscuro. Forze nere che li boicottano, che cercano in ogni modo di condannare all’insuccesso i loro sforzi, di metterli a tacere invocando le più odiose maledizioni. Di sicuro non li anima qualcosa di minore del Male. E qui arrivo al punto: se non siamo pronti a vestire i panni degli eroi, se non siamo propri adatti, cosa possiamo fare almeno, per aiutare chi combatte per noi? Farci vedette e sentinelle, guardar loro le spalle, sperando con questi piccoli sforzi di evitar loro qualche tranello. E quale fortuna, vivere oggi, quando in mille modi sempre nuovi questo compito viene agevolato. Non aspetteremo un momento di più, faremo finalmente la nostra parte. Vestiremo questo ruolo alla luce del sole, facendo sapere a tutto il mondo che parte abbiamo preso, bardando la nostra immagine con simboli e slogan. Riporteremo le frasi taglienti, lanciate dagli eroi contro gli oscuri signori, sulle nostre magliette, o gadget adatti. Apporremo il nostro sigillo in calce ad ogni strale, ad ogni invocazione, per dare ad essi una voce più grossa. Ci affideremo, per abbeverarci di quei stralci di verità che gli eroi avranno strappato al grande complotto, a quei cantori che hanno dato prova della loro fedeltà alla causa, loro che soli mossi da grande coraggio hanno urlato contro le mura più dure i fatti accaduti, raccogliendo di decina in decina le bugie trafugate, le omissioni spacciate. E se migliaia navigano, ognuno avrà cura di chiamarne altri a migliaia, finché almeno dieci milioni – madonna, quanti – saranno schierati. Sarà il momento della battaglia campale e non mancheranno striscioni e buone intenzioni.

Ma prima di arrivarci, dobbiamo muovere un passo d’inizio. Dobbiamo capire per quali battaglie vale la pena lottare. Ne troverete anche voi almeno una, come già ho fatto io – quella che vi sembrerà la più importante di tutte.



FlashForward 18 maggio 2010

Ossidazioni

Mentre sono ancora impegnato a spandere abbondanti manate di sale sul 2010 – d’altronde gennaio è il mese perfetto, per lasciare tutto sepolto da una coltre bianca; ed il sale, a differenza della neve, non conserva ma brucia, fa sparire e garantisce che non possa ricrescere più- scopro che il 2009 è stato un anno di ottima (*) e di buona (+) musica. Migliore di quanto non sia stato il 2008, di gran lunga migliore del 2010. Probabilmente un’annata migliore di quanto sia lecito aspettarsi da questo 2011.

Florence and the Machine – Lungs *
Paolo Nutini – Sunny Side Up *
Dirty Projectors – Bitte Orca *
Noah and the Whale – The First Days of Spring *
Vic Chesnutt – At the Cut *
Peter Bjorn and John – Living Thing *
The Mountain Goats – The Life of the World to Come *
The Duckworth Lewis Method – The Duckworth Lewis Method */+
Mariachi El Bronx – Mariachi El Bronx +
Carmen Consoli – Elettra +
Red Light Company – Fine Fascination +
The Pains of Being Pure at Heart – The Pains of Being Pure at Heart +
Paramore – Brand New Eyes +
Bat for Lashes – Two Suns +
Animal Collective – Merriweather Post Pavillion +
Big Pink – A Brief History of Love +
The xx – The xx +
Camera Obscura – My Maudlin Carrier +
La Roux – La Roux +
Yeah Yeah Yeahs – It’s Blitz +
Alberta Cross – Broken Side of Time +=

domenica 23 gennaio 2011

Posso essere anch'io un tipo grasso che conosci?

Succede spesso: il pensiero definitivo su un tema arriva da Perle ai Porci. Oggi, le relazioni umane ed i social network.

venerdì 14 gennaio 2011


Ho parlato più di una volta in questo blog della sensazione di sentirsi sempre meno di sinistra. Potrà valere molto poco dal punto di vista pratico (come se avesse un senso definirsi di sinistra ora che le categorie ideologiche ecc; come se fosse sensato muoversi, posizionarsi, trovarsi a causa dell'identificazione in una fazione invece che prendere coscienza dei singoli elementi delle diverse situazioni concrete ecc.). Ci pensavo giusto oggi, nella tentazione di scrivere su Twitter "devo muovermi ad invecchiare, altrimenti divento un patetico giovane reazionario, e non un arcigno vecchio reazionario". Sul piatto della bilancia, tra i vantaggi, posso di sicuro mettere la perdita della capacità di indignarsi. Chissà a quanti sembrerà una bestialità, ma è un passo in avanti notevole. Perché se ci si fa prendere da quella tipica indignazione montante (ogni indignazione è montante e si autoriproduce, si avrebbe la tentazione di dire), quanto ci si rovina il fegato, quanto ci si riduce a macchietta (per quanto di moda, oggi), quanto si finisce sempre lontani dall'avere la capacità di capire, o almeno di cogliere, la portata intera della situazione che abbiamo davanti.

Quando poi succede ancora, di indignarsi, invece di concentrarmi su questa, finisco a perdermi a notare tutte le sensazioni che mi dà, questa specie di ritorno. Bisogna ammetterlo, una sorta di ventata fredda sul viso, rinvigorente (il mondo migliore, ancora! Robespierre, Robespierre). Ma subito dopo come se si fosse spinti a forza in una stanza tremendamente piccola, che andava bene da piccoli, ci si stava comodi e c'era pure lo spazio per disegnarsi attorno avventure continue. Adesso è stretta, ci si sta scomodi e inadeguati.

Mi è capitato qualche giorno fa, perché Signori miei dove sta andando a finire la stampa. Con sorpresa, per un articolo sul Foglio di Buttafuoco. Perché, diciamocelo, il Foglio è un ottimo giornale di opinione. Dite che devo metterci un "nonostante tutto"? Non ho problemi a mettercelo: anche per me c'è un enorme nonostante tutto. E, spariamola pure grossa, dirà quello che dirà, sarà quasi mai condivisibile per noi, ma al di là di contenuti e opinioni, non è spesso un gran piacere leggere qualcosa di Buttafuoco? E anche la rubrica non prometteva male! Scorretta e impertinente (ma l'impertinenza non è un valore nella stampa? Non gongolavamo quando il nostro Riformista nel jingle di qualche tempo fa si definiva il Pierino della politica?) finché vuoi, ma divertente davvero. Basti leggere della Bruni e di Moratti (Hubbbbner. Il Darione che ha giocato anche nella Pievigina!) per farsi un'idea. Ma il pezzo di Buttafuoco su Magris, quanto cattivo gusto. Un giudizio che può essere accusato di tutte le aberrazioni imputate a Magris nell'articolo stesso. Rigidità, soggezione al luogo comune e al perbenismo, grigiore. D'altronde sono di parte, per Magris ho sempre avuto un'infatuazione (per il Magris editorialista, a dire il vero, del resto non ho letto nulla). Eppure devo ammettere che. Probabilmente tutte le critiche che gli vengono mosse non sono poi così infondate (e d'altra parte: in fondo il buon senso non è spesso privo di guizzi, vicino a qualche luogo comune, e via discorrendo?). Rimane la questione del "modo e modo" e direi che è stato passato il segno. Squadraccia? Olio di ricino? Confino? E' un gioco, certo, va bene. Anzi, va bene fin là, non troppo in là.

Ma l'esempio peggiore è Mimun. Direte (potreste dire, avendo ragione da vendere): beh, ti aspetti qualcosa da Mimun? La colpa è tua, che leggi cosa scrive. Lo ammetto, peccato mio. Ma ho sempre avuto un debole per le riviste, ed in casa mia solitamente passa giusto Sorrisi e Canzoni. Nel quale, dopo una decina di pagine circa troneggia ogni settimana un editoriale del nostro. In questo numero non si è nascosto ed ha affrontato di petto uno dei fatti della settimana, con buone dosi di coraggio. Controcorrente: Lula ha fatto bene con Battisti (l'ho colto il lieve retrogusto di sarcasmo, non preoccupatevi). Diciamocelo. L'avessero portato qui, qualche giudice connivente l'avrebbe lasciato uscire dopo poco. E, per di più (pensi, signora mia), quei pochi anni dentro li avrebbe passati in modi da nababbi (lo sanno tutti, in fondo, che nelle carceri italiane si sta da dio. Se qualcuno si suicida è perché a finire lì dentro è gente per forza tarda, che non sa capire in che paradiso sia finita) e fuori l'avrebbero aspettato di nuovo l'editoria furbetta, le ospitate faziose, la santificazione bastarda. Per cui che se ne stia in Brasile dove, tra vizio e vizio, lo coglierà la malattia ed il dolore e che ci pensi il Padre Eterno alla giusta punizione. Non sbaglia, lui.

L'indignazione è da tutte le parti allora. E in fondo conta poco la parte a cui ti senti affine (oh, dirlo dopo tutte le volte che abbiamo ascoltato "occorre essere attenti e scegliersi la parte dietro la Linea Gotica"), è altro che conta davvero. L'importanza di non essere Mimun.

mercoledì 5 gennaio 2011

Diorama di un tempo passato.

Fa un certo effetto studiare saggi in cui si spiega quanto la dipendenza energetica dal legname sia stato uno dei vincoli più stringenti da superare, nel corso del progresso economico e tecnologico, quanto l'utilizzo di biocombustibili tradizionali e non commerciali rappresenti un indice importante di sottosviluppo, come sia possibile razionalizzare il consumo energetico residenziale sia da un punto di vista ambientale che economico attraverso un maggior ricorso al gas naturale. A San Floriano. Già.