
Ne è passato di tempo, uno dopo l'altro hanno fatto capolino altri "versi preferiti" (al momento, per esempio, sarei pronto a mettere la mano sul fuoco che il verso più bello di tutti i tempi è "You're a bully and a clown, you make cry and put me down", The Jeep Song, The Dresden Dolls. Non sarei altrettanto propenso, però, nello scommettere sull'immortalità di questa mia granitica certezza) e preda dei miei mille revisionismi sono arrivato perfino a dubitare che quel verso ce l'abbia, un senso -un senso autentico e genuino, intendo. Ovvio che non ce l'ha, com'è forse possibile provare una simile sensazione senza aver compiuto un monumentale lavoro, su di sé, di autoconvincimento, al fine di riuscire ad assumere una posa tanto teatralmente intrigante? (è nel solco maudit che attraversa tutta l'arte moderna, da Baudelair fino a Morrison, infine riciclato, nel nuovo spirito dei tempi, da Cobain). E la butto lì, pesante come un macigno: in fondo il grunge non era altro che quella posa con cui ci piaceva atteggiarci.
Ne è passato di tempo, dicevo, e molto è cambiato. Se capita che senta necessario ricordarmelo, in un attimo di smarrimento, in cui mi sembra che invece tutto rimanga uguale, nonostante il tempo, basta che recuperi, con la memoria, quel verso. E' come un estraneo, ora; ed invece, giusto qualche settimana fa, toh! La rivelazione. Ciò che ti fa sentire non solo benedetto, ma un dio stesso, è trovarsi, per un attimo, i migliori anche in ciò che -in teoria?- ci riesce peggio.
La storia è fatta di rivoluzione copernicane, già.
Grunge per sempreeeeeeeeeeeee!
RispondiEliminaBeh quello certo, quello rimane. In fondo non c'è modo migliore per far durare una cosa, che smitizzarla. Tolte le mitologie, restano le piccole storie di eroismo quotidiano.
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