martedì 21 dicembre 2010
Appunti per un talk-show.
venerdì 10 dicembre 2010
Giochi di dicembre
domenica 28 novembre 2010
Per ora noi la chiameremo utopia.
giovedì 7 ottobre 2010
Onestà intellettuale a geometria variabile.
venerdì 1 ottobre 2010
Sms a un bambino mai immatricolato.
domenica 26 settembre 2010
Ciò che scompare.

In molti ambiti, in particolare sulla stampa tradizionale, sembra che parlare di Internet coincida sempre più con il parlare di Facebook. Oppure che sia ancora possibile parlarne in termini più generici ma attribuendogli comunque i caratteri che sono propri di Facebook, e identificandolo con dinamiche che sono proprie di quel network. Il problema principale sembra essere il permanere di dati ed informazioni nel lungo periodo, oltre il periodo temporale in cui la loro presenza aveva un senso. Tutto rimane, e tornerà a perseguitarti quando meno te lo aspetti; per cui, attenti. Ne ha parlato anche Obama, per dire. Questioni pesanti. E decisamente ingigantite e sopravvalutate, aggiungerei. In una certa misura fittizie, perfino: non è vero, in molti casi, che le tracce non possano essere cancellate e che ciò che viene pubblicato finisca al di fuori del nostro controllo. Infine, non si tratta di qualcosa di nuovo: è una dinamica che è sempre esistita anche nella vita nelle comunità reali. Le informazioni rilasciate circolano in ambienti più grandi di quelli a cui le avevamo indirizzate, e hanno tempi di smaltimento più lunghi di quanto potessimo immaginare. Non si presenta quindi la necessità di mettere in guardia qualcuno da insidie nuove e impreviste: i rischi, quando esistono, e quando sono rilevanti, erano già presenti nella quotidianità e chi rischia di incapparci era già in precedenza in qualche modo inadeguato a situazioni che poteva vivere nella vita reale. Si tratta di persone che non hanno mai saputo cogliere uno degli aspetti fondamentali della comunicazione umana: il suo svilupparsi attraverso diagonali asimmetriche. Concediamo a persone diverse di conoscere la nostra identità a gradi diversi per qualità, profondità, estensione; proprio registrando e adattando queste asimmetrie possiamo dare ordine e orientamento alle nostre relazioni sociali, tenendole sotto il nostro controllo. Non ci si deve fare un'idea troppo negativa del fenomeno, come se ci nascondessimo dietro molte maschere, scelte di volta in volta sulla base dell'interlocutore. Il concetto di maschera è sopravvalutato, in sociologia. Semplicemente la nostra identità è estesa e multiforme e quasi mai riesce a manifestarsi interamente; a seconda delle situazioni scegliamo quindi quale parte di essa è possibile ed adeguato esporre.
Mi sembra molto più interessante il tema opposto. Ciò che da Internet scompare. Sono sicuro che da questo argomento si potrebbero tirar fuori dei validi racconti. Alcune cose da Internet vengono cancellate, con il tempo; ne derivano grossi rammarichi. Ne siamo venuti a conoscenza troppo tardi, non in tempo per poterne usufruire. Oppure, proprio sulla base di quella presunzione di conservazione per tempi indefiniti che è sempre più diffusa, le avevamo lasciate in stand-by, consultandole di tanto in tanto, in modo frammentato, a piccoli grappoli, contando su una loro costante presenza. A saperlo, c'avremmo messo più impegno. Due esempi personali: il blog di qualcuno prima che vincesse il campionato del mondo (c'entrava il cristallo, credo) -troppo tardi; il blog della Came su Splinder, il miglior blog personale che abbia mai avuto modo di leggere -saltuariamente-, capace di coinvolgere, turbare, impensierire e lasciare ombre ed aloni -quanti post persi e quante occasioni. Rammarico, dicevamo.
Some dozens of lost sleep hours can't be wrong.

Weeds è una serie molto bella. Non è certo la frase più accattivante con cui iniziare una recensione, me ne rendo conto, per almeno un paio di motivi. Primo: se voi ed i vostri amici siete appassionati di serie televisive avrete già avuto modo di vedere Weeds, o di sentirne parlare. In caso contrario, di sicuro non è con frasi del genere che catturerò la vostra attenzione e riuscirò a convincervi. Secondo: bello non è un aggettivo molto esplicativo per cercare di descrivere qualcosa, ed è, anzi, molto infantile. Richiama quel periodo, da bambini, quando tutto si riduceva alla dicotomia bello/brutto ed il mondo era tutto compreso trai limiti orientali ed occidentali di queste due parole, e al massimo si poteva espandere a nord e sud secondo la linea buono/cattivo (ad arrivarci, a buono/cattivo; non è così semplice). Il punto è che quando penso a Weeds, finisco sempre per farmi venire in mente la bellezza. Non tanto perché il cuore della serie sia un qualche fine estetico, o perché ciò che la distingua sia una qualità formale insolita. Semplicemente, ho più di un sospetto che l'eventualità di apprezzare la serie e soprattutto la misura in cui questo possa avvenire, alla fin fine, siano legate imprescindibilmente al rapporto che ognuno di noi ha con la bellezza. Quindi, per cercare di sponsorizzarvi questo telefilm, il modo migliore mi sembra quello di lasciare perdere -per il momento- qualsiasi analisi di caratteristiche, vizi e virtù del prodotto e spiegarvi che tipo di persone dovete essere, per avere maggiori possibilità di appassionarvici.
Sulla base della mia esperienza (sì, è ben poca cosa, lo so, ma è tutto quello che io ho e, comunque, non è ancora finita) le persone possono essere identificate in cinque categorie, sulla base del proprio rapporto con la bellezza. Iniziamo dai due estremi. Con una piccola avvertenza: non è questo un caso in cui si possa dire che la virtù stia nel mezzo e che i due limiti rappresentino condizioni radicali indesiderabili; sono convinto anzi che molti alla fine le troveranno delle situazioni ideali e crederanno -o spereranno- di esservi compresi.
Asceti. Ci sono persone che non sono interessate alla bellezza. La bellezza li lascia in fin dei conti indifferenti, non procura loro particolare godimento e quindi sono portati a non costruire alcun rapporto con essa. Ad alcuni potrà sembrare una prospettiva arida, ma lo trovo un giudizio superficiale; quelle persone hanno semplicemente altre priorità. Altri potrebbero vederla come una scelta ascetica; con ogni probabilità è solamente pragmatica.
Eletti. Alcune persone sono attratte dalla bellezza naturalmente, come per una sorta di magnetismo. Non hanno bisogno di interrogarsi sul senso e sulla natura della bellezza, di riflettere su quale posizione adottare riguardo ad essa, di dannarsi nella sua ricerca; il rapporto che instaurano con la bellezza è pre-intellettuale, non mediato da ragionamenti. Si tratta di persone che provano una sensazione estatica davanti ai lavori di El Greco -una sorta di vampata che lascia un piacevole e persistente tepore-, che abbracciano con morsi lineari la pienezza del sapore di un carpaccio di salmone, che riconoscono il vino buono senza etichette o menù, e senza sentire il bisogno di catalogarne il profumo, il corpo, il colore. È facile intuire che questa passi per essere una categoria eletta e che ognuno di noi -noi che ovviamente non ne facciamo parte- cerchi di barare con se stesso per convincersi di farne parte. Non è nemmeno così difficile, illudersi, perché la maggior parte delle persone comuni riesce a vivere momenti del genere, a volte perfino con frequenza. Ma che si tratti, per essi, di un'illusione è sicuro, per tre elementi.
A) Esperienze del genere sono per loro sporadiche, episodiche -non già costanti e organiche. Per far parte di questa categoria è necessario cogliere l'ordito di bellezza che circonda ognuno di noi, nella sua interezza, non è sufficiente notare dei dettagli sparsi qua e là.
B) Manca, in questi casi, la naturalezza e l'istintività dell'esperienza. Mai capitato di inserire nel lettore una pietra miliare del jazz con la ferma intenzione di farvelo piacere? Mai sentito l'esigenza di richiamarvi alla mente, durante la visione di un film della Nouvelle Vague, tutti i validi motivi per cui dovete apprezzare profondamente la caratterizzazione dei personaggi e le atmosfere abbozzate? Oppure, vi è familiare l'avvertire un'urgente necessità, dopo un momento di godimento estatico, di tormentarvi con l'esigenza di capire e analizzare quanto vi è accaduto, sviscerandolo in ogni suo elemento? Benvenuti nel club.
C) In virtù del loro rapporto con la bellezza, le persone incluse in questa categoria riescono ad avere una presa forte, ed al tempo stesso tranquilla, su questa, quando la incontrano. Non è mai successo che, una volta afferrata, sia scappata loro tra le dita. Potete dire altrettanto?
Finora si è trattato di fasce a bassa densità, e persone di questo tipo sono rare. Se contate sulle dita pensando alle vostre conoscenze, è difficile che riempiate entrambe le mani; le tre categorie rimanenti sono, in un certo senso, più comuni. Condividono un elemento: comprendono persone che avvertono fortemente l'esigenza di cercare, individuare e poi trattenere nel proprio spazio, nella propria vita, la bellezza. Avvertono questa esigenza perché la bellezza non è per loro neutra, indifferente, ma è preziosa, attribuiscono ad essa un gran valore. Al tempo stesso non la riconoscono fluire attorno a loro senza aver prima strizzato gli occhi e agitato un braccio un po' alla cieca. Inutile dire che l'essere presi da questa frenesia, nel bisogno e nella ricerca, produce un senso più o meno accentuato di malessere. Ciò che le differenzia è il risultato ottenuto con una simile ricerca.
Conformisti. Delle persone, nonostante gli sforzi febbrili e l'impegno profuso, non riescono a trovare, attorno a loro, alcun tipo di bellezza. Rimangono però convinte che una qualche bellezza debba comunque esistere, sebbene a loro non sia possibile identificarla, e che sia vitale per il loro benessere avere comunque la possibilità di entrarne in contatto. L'unica strada disponibile è quindi quella di accettare e fare propri i risultati della ricerca altrui; ciò è possibile affidandosi ad alcuni individui verso cui si nutre un sufficiente grado di fiducia o di ammirazione oppure -con una scelta in linea con lo spirito del tempo in cui viviamo- riponendo la propria fiducia nella maggioranza. In entrambi i casi questo meccanismo rappresenta una sorta di conformismo ed i rischi che i risultati non siano soddisfacenti sono sempre molto alti. Ad alcuni le persone comprese in questa categoria finiranno per sembrare sterili; ancora una volta, a me sembra un giudizio troppo affrettato.
Kitsch. Credo non vi sarà necessario nessuno sforzo per figurarvi questa categoria: sventurati che hanno perso la rotta, nel viaggio, contando su una bussola non ben tarata. Si sono fatti guidare dal cattivo gusto ed i risultati sono evidenti e -spesso- grotteschi.
Feticisti. Ho l'impressione -nei miei momenti migliori, in cui nutro grandi speranze per l'umanità, e mi rifiuto di credere che la categoria precedente abbia vinto nella selezione naturale- che questa sia la categoria di persone più diffusa ma c'è il rischio che sia fregato dalla convinzione di farne parte. Queste persone riescono, nella maggior parte dei casi, a sviluppare un rapporto con la bellezza per molti versi migliore rispetto alla terza ed alla quarta categoria e nutrono la ferma ma inutile aspirazione di poter approdare, magari un giorno, al gruppo degli eletti. Per il momento devono accontentarsi di essere riusciti più di chiunque altro a portare avanti riflessioni di alto livello sulla bellezza. Il problema, per loro -ammesso che si tratti di un problema-, è che il riconoscimento della bellezza passi attraverso una ricerca formale ed intellettuale, che si basi sull'astrazione, sull'analisi e non su un esperienza diretta e concreta. In questo percorso, l'oggetto incarnante la bellezza viene individuato non per la sua natura intrinseca ma attraverso alcune caratteristiche, attraverso alcuni dettagli. Questa parzialità comporta alcuni rischi e può portare ad un certo numero di derive. È possibile, ad esempio, che il ruolo fondamentale che i dettagli vengono a svolgere faccia sì che la fonte del godimento estetico diventi i dettagli stessi e non l'oggetto che li presenta: il feticismo in senso stretto. Oppure, essendo molto più facile notare i dettagli quando questi manifestano un alto grado di particolarità, di eccentricità, si possono sviluppare criteri di scelta via via più insoliti, incomprensibili agli altri, che finiranno per essere giudicati anomali, malati, perversi. Lo stadio terminale di questa deriva -di questa potenzialmente profonda deriva- è diventare poeti decadentisti francesi.
Se mi avete seguito fino a questo punto, veniamo ora a Weeds. Tutto quello che posso dirvi, per la mia esperienza personale, è che le possibilità che vi appassionate alla serie sono infinitamente maggiori se credete di riconoscervi in quest'ultima categoria. Se è così, posso dirvi con una buona possibilità di esattezza come si evolverà il vostro rapporto con la serie. Sarete catturati dalla prima puntata: le sue atmosfere, la presentazione dei personaggi e, oh, i dialoghi. Mi è capitato davvero raramente, anche nelle pagine più alte della letteratura, di incappare in un capitolo in cui la costruzione dei dialoghi fosse semplicemente perfetta: il modo in cui questi si sviluppano e si incastrano tra loro; la pluralità e la luminosità degli stili; il dipanarsi del ritmo con cadenza perfetta; ciò che le parole lasciano trapelare sulle persone che le hanno pronunciate, quello che viene svelato, quello che resta celato. L'infatuazione peggiorerà nel corso della prima serie (forse anche della seconda, almeno in parte), nonostante i difetti incombenti e i rischi sempre più probabili di deriva che si stanno avvicinando attraverso tunnel sotterranei e di tanto in tanto escono allo scoperto -le avvisaglie ovviamente sono presenti già nella prima puntata. Arriverà il momento, in tempi diversi per ognuno di voi, ma verosimilmente tra la seconda e la terza serie, in cui tutto diventerà troppo evidente e sarà ovvio che la serie sta prendendo una brutta strada; a questo punto però vi sarà molto difficile abbandonare questa serie tv a se stessa e con ogni probabilità vi ritroverete ad amarla nonostante i suoi difetti. Se sarà questo il caso, arriverà anche il momento successivo in cui dovrete confessare a voi stessi che, anche se non sapete bene quando è iniziato, e non riuscite a comprenderne i motivi, è semplicemente successo e, beh, è finita che avete iniziato ad amare Weeds per i suoi difetti. Fregati. Se volete una mia spiegazione al riguardo, si tratta dei due punti richiamati prima, nella quinta categoria. Avete finito per apprezzare particolari via via più eccentrici e sbagliati fino a sviluppare un certo feticismo per questi.
Che Weeds sia piena di difetti, penso sia fuori da ogni dubbio. Prendete i personaggi. Se l'abilità nel creare personaggi si mantiene anche nelle ultime stagioni a livelli insolitamente alti -si nota un certo appannamento, questo sì, ma è inevitabile ed endemico quando il ritmo delle nuove entrate diventa vorticoso ed il loro numero mastodontico- la loro gestione è per molti versi discutibile: ognuno di voi avrà motivo di lamentarsi per gli sviluppi di alcuni dei suoi personaggi preferiti (tanto per citare qualche caso, Guillermo e Shane) e, soprattutto, per la prematura uscita di scena di personaggi promettenti, che presentavano ancora ampie potenzialità non sfruttate -dicevo che i primi sentori c'erano già nella prima puntata, basti pensare alla figlia maggiore di Celia o allo spacciatore ragazzino, che avranno in seguito nutrita compagnia.
C'è ovviamente il nodo centrale della protagonista: una vera smorfiosa. Ma, ehi, quand'è che essere smorfiosi ha acquisito un'accezione così negativa? L'uso smodato e sfacciato della mimica facciale e corporale dovrebbe essere rivalutato: si tratta di un modo di esprimersi molto efficace e accattivante (noi italiani ne sappiamo qualcosa, giusto?). Il personaggio abbina a questa caratteristica uno snobismo strisciante e una accentuata capacità di finire a fare la parte della stronza: anche qui, prendiamo a martellate i conformismi che ci portano a svalutare queste caratteristiche, e avviamo la loro rivalutazione. Ovviamente, è decisamente probabile che a finire per etichettare la protagonista come smorfiosa siano le donne, per invidia. Voi, uomini, ve ne innamorerete, fidatevi di me.
Infine, non si può parlare di Weeds senza fare un accenno alle stoccate su temi politici e sociali di cui ogni puntata (o quasi) è infarcita. Forse il tratto più caratteristico della serie. Potete scommetterci sopra, su quali argomenti verranno trattati; tanto la vittoria è certa -ogni questione trova il suo posto al sole. Omosessualità? C'è bisogno di chiederlo? Iraq? Tutte le strade portano a Baghdad. Eutanasia? Saremmo proprio scemi a lasciare indietro i bocconi più gustosi. Immigrazione? Certo, sono i nuovi muri, ed il ferro dei nostri picconi è ancora bello caldo -e poi questa volta ci apriamo la strada verso tortillas e guacamole, mica bratwurst. Aborto? Beh, per forza, fa pendant. Corruzione, ipocrisia e alcolismo tutte cose endemiche, ovviamente ce le mettiamo. Questi temi verranno affrontati in modi sempre più spicci, liquidati con un'adeguata dose di superficialità e si faranno strada e seguiranno uno l'altro con ritmi ridicoli e senza nemmeno prendersi la briga di coprire la faziosità dell'operazione. Ma anche qui, ognuno potrà trovare la propria razione di conforto: nel senso di granitica superiorità con cui le posizioni progressiste sono presentate, nel caso in cui le si condividano; nella banalità con cui queste sono liquidate, nel caso in cui si sia più cinici e disincantati.
Fate quindi una scorta di pazienza, se volete dedicare parte del vostro tempo a questa serie. Si tratta di un figlio molto inquieto, che prenderà una brutta strada dopo l'altra, e finirete a passare svegli molte nottate, a controllare se il figliol prodigo si è finalmente deciso a tornare a casa, arrivando all'alba sempre più delusi e preoccupati. Ma la sera successiva sarete ancora lì a fare la guardia, pronti ad allargare le braccia colmi di perdono. Aspetteremo molto tempo, voi ed io, e continueremo sempre a nutrire la speranza, nonostante i pessimi presagi. Tornerà, prima o poi. Ci ritroveremo di nuovo. L'anno prossimo, la prossima stagione, a Gerusalemme. Preparate il barbecue, il vitello grasso e la birra; si festeggia così nei sobborghi giudeo-americani.
Imparare a gestire gli addii.
sabato 25 settembre 2010
Strategie.

giovedì 23 settembre 2010
La stagione delle belle cose.
domenica 12 settembre 2010
Cioè che è giusto è giusto

domenica 29 agosto 2010
C'è già stato un Bulgakov o un Conrad prima di te.

“One of the joys of comics has always been the knowledge that it was, in many ways, untouched ground. It was virgin territory. When I was working on Sandman, I felt a lot of the time that I was actually picking up a machete and heading out into the jungle. I got to write in places and do things that nobody had ever done before. When I’m writing novels I’m painfully aware that I’m working in a medium that people have been writing absolutely jaw-droppingly brilliant things for, you know, three-four thousand years now. You know, you can go back. We have things like The Golden Ass. And you go, well, I don’t know that I’m as good as that and that’s two and a half thousand years old. But with comics I felt like — I can do stuff nobody has ever done. I can do stuff nobody has ever thought of. And I could and it was enormously fun.”
sabato 14 agosto 2010
Vi manco, lo so.
mercoledì 21 luglio 2010
Sorprese.
martedì 13 luglio 2010
Solo post con nascita eterodiretta, qui.
Cosa significa Ah-um.
Il Requiem di Mozart inizia con te che cammini verso un'immensa buca. La buca si trova in fondo a un precipizio, nel quale non riesci a gettare lo sguardo finché non sei arrivato proprio sul ciglio. In fondo alla buca ti aspetta la morte. Non sai che aspetto abbia, che voce abbia, che odore abbia. Non sai se sarà bella o brutta. Puoi solo camminare verso di lei. La tua volontà è un clarinetto e i tuoi passi sono accompagnati dall'intera sezione dei violini. Più ti avvicini alla buca, più cominci ad avvertire che ti attende qualcosa di spaventoso. Eppure vivi questo terrore come una sorta di benedizione, di dono. Tutta la strada che hai percorso finora non significherebbe nulla se alla fine non ci fosse quella buca. Getti lo sguardo nel precipizio: sei travolto da un'esplosione di suoni eterei. In fondo alla buca c'è un immenso coro, come quello al quale hai partecipato per due mesi alla Wellington e nel quale eri l'unica donna nera. Questo coro è l'esercito celeste e al tempo stesso l'armata del demonio. E' anche ogni persona che ti ha cambiata durante il periodo trascorso su questa terra: i tuoi molti amanti; i tuoi familiari; i tuoi nemici, la donna senza nome né viso con cui tuo marito è andato a letto; l'uomo che avevi pensato di sposare; l'uomo che hai sposato davvero. Compito del coro è giudicare. Prima cantano gli uomini, e il loro giudizio è estremamente severo. E quando attaccano le donne, non c'è un istante di tregua, il dibattito si fa sempre più aspro e acceso. Perché quello è davvero un dibattito... solo adesso te ne rendi conto. Il giudizio finale non è stato ancora emanato. Ti stupisci per quanto si faccia drammatico lo scontro per qualcosa di insignificante come la tua anima. Non meno sorprendenti sono le sirene e gli scimmioni che continuano a intrecciare girotondi giù per un sontuoso scalone durante il Kyrie che, secondo il programma, non prevede nessun numero del genere, nemmeno in senso metaforico.Kyrie eleison.Christe eleison.Kyrie eleison.
giovedì 8 luglio 2010
Un ometto, ormai


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domenica 4 luglio 2010
Warning+spoiler: chiacchiere egocentriche

Di una vita che nemmeno doveva interrogarsi, sul senso: nascevi e lavoravi, crescevi e lavoravi, ti sposavi e lavoravi, mettevi al mondo dei figli e lavoravi, invecchiavi e lavoravi, morivi infine e via, nelle grandi braccia accoglienti di Nostro Signore Iddio. Dovevi solo essere buono.Sarebbe stato il sorriso stupido e vacuo dell'ebete, ma sarebbe stato comunque un sorriso.
sabato 3 luglio 2010
La fede è un piatto da servire freddo


domenica 27 giugno 2010
And me too, to tell the truth
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domenica 13 giugno 2010
Io ne bevevo quando tu ancora giravi video rap

Un uomo che non capisce nulla di birra, non capisce nulla di nulla.
Il presidente ha ricordato al premier che gli Usa hanno registrato un maggior numero di vittorie contro l'Inghilterra, scommettendo "la migliore delle lager britanniche contro la migliore birra americana" su una vittoria statunitense.
Ho sorpassato il progresso a destra

domenica 30 maggio 2010
Cercare in un passero su un ramo lo spunto per la rivoluzione

giovedì 27 maggio 2010
Così battezzo anche Twitter

Si vive insieme, si muore soli
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mercoledì 21 aprile 2010
Poi dici che non capiscono: era la pancia quella, non la testa

Non ho mai apprezzato granché il personaggio Mark Twain, e ancor meno lo scrittore. Ma, visto che incappo spesso nell'ultimo periodo in discussioni sul tema, che oggi sul Riformista è stato pubblicato uno stralcio da un suo libro in uscita, e che ricorrere alle citazioni di persone famose è un ottimo modo per esprimere le nostre opinioni, in forma migliore di quanto riusciremmo mai a fare, riporto alcuni estratti. (Anche perché far capire come la penso, riguardo all'opinione pubblica, renderebbe molto più chiaro un post sull'astensionismo, se mai mi deciderò a pubblicarlo).