mercoledì 21 aprile 2010

Poi dici che non capiscono: era la pancia quella, non la testa


Non ho mai apprezzato granché il personaggio Mark Twain, e ancor meno lo scrittore. Ma, visto che incappo spesso nell'ultimo periodo in discussioni sul tema, che oggi sul Riformista è stato pubblicato uno stralcio da un suo libro in uscita, e che ricorrere alle citazioni di persone famose è un ottimo modo per esprimere le nostre opinioni, in forma migliore di quanto riusciremmo mai a fare, riporto alcuni estratti. (Anche perché far capire come la penso, riguardo all'opinione pubblica, renderebbe molto più chiaro un post sull'astensionismo, se mai mi deciderò a pubblicarlo).

"...prestiamo più attenzione ad accordare le nostre opinioni con quelle del nostro vicino e a mantenere la sua approvazione, piuttosto che a esaminarle con scrupolo per vedere se siano giuste e fondate. Questa abitudine conduce necessariamente a un altro risultato: l'opinione pubblica che nasce e si alimenta in questo modo non è affatto un'opinione, è semplicemente un'abitudine; non suscita riflessioni, è priva di principi e non merita rispetto" (si noti che il non meritare rispetto non comporta il non meritare attenzione)

"Il cittadino medio non è uno studioso delle dottrine dei partiti, e a ragione: né io né lui saremmo in grado di comprenderle"

"Lo stesso vale per qualsiasi altra grande dottrina politica; perché tutte le grandi dottrine politiche sono piene di problemi difficili -problemi molto al di fuori della portata del cittadino medio"

A queste riflessioni è da collegarsi il fatto che:

- la politica non deve rispondere esclusivamente all'opinione pubblica;
- non è buona politica quella che si pone come unico obiettivo e che riconosce come unico metro della bontà del proprio operato l'aderenza piatta all'opinione pubblica;
- compito della politica è quella di riconoscere le esigenze ed i problemi sociali che stanno alla base delle manifestazioni dell'opinione pubblica e dar loro una risposta all'interno di una più ampia e strutturata cornice ma spesso il modo migliore per farlo non è quello di far propri gli umori dell'opinione pubblica, riguardo a quelle tematiche (riassuntino più chiaro: la politica deve rispondere alle esigenze mosse dall'opinione pubblica, ma non deve -necessariamente-farlo con i toni e le misure invocati da questa. Che poi in questo sta la diversa natura della democrazia indiretta, per quanto molti cerchino di spacciarla per una mera soluzione pratica, "perché non ci stiamo più tutti fisicamente in piazza, a votare per alzata di mano");
- tutta la gloria ottenuta passando attraverso la via più semplice, è ben poca cosa, ed ha poco senso mettere il broncio ed invidiarla (in parecchi hanno scritto cose brillantissime su questo. A me viene in mente un articolo di Polito);
- un partito può adottare una linea d'azione simile solo a patto di avere una propria solidità interna, in termini di strutture e di idee, capace di reggere ai contraccolpi dovuti a questo scollamento dall'opinione pubblica. Tutte le filippiche sulle possibilità di successo di un partito moderno, snello, light, sono favole belle o, per dirla più prosaicamente, fuffa.

A me sono sembrati questi gli argomenti migliori, per spiegare a chi vede, ancora dall'esterno, il fenomeno Lega come un partito che ha saputo ammodernarsi, civilizzarsi, e fare propria una buona linea politica.

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