mercoledì 21 luglio 2010

Sorprese.

Sono una persona molto progressista. Molto più di quanto credereste dopo aver parlato con me un paio di volte. Un po' di più di quanto credereste conoscendomi da qualche anno. Lo posso dire senza falsa modestia perché sono -contemporaneamente- uno di quelli che credono che l'essere progressisti non sia di per sé una nota di merito.

Lo sono molto più di quanto do a vedere per due motivi, principalmente. Uno: non sono tipo da evangelizzazioni e campagne moralizzatrici. Le mie convinzioni intime -avendole io adottate, ho ovviamente la propensione a considerarle le convinzioni giuste- preferisco appunto tenerle per me, un po' per riservatezza, un po' per egoismo (faccio parte della sponda che, dopo essersi convinta di aver partito un qualche pensiero di qualità, sceglie di tenerselo per sé nell'eventualità che questo vantaggio nei confronti degli altri prima o poi possa tornargli utile, e si guarda bene dal diffonderlo nella società). Due: come dicevo in un post precedente, è molto più divertente sostenere, nel corso di un dialogo, tesi strampalate molto lontane dalle proprie (o, almeno, versioni alquanto estreme e squilibrate delle proprie) -per farsi due risate delle reazioni altrui a simili assurdità, per sviare gli interlocutori da ciò che sono e penso, per sfidare me stesso nel riuscire a sostenere, in qualche modo precario, simili baracconate.

Per esempio vi stupireste di sapere quali tesi avanzate sostengo, a livello teorico, riguardo la questione femminile. (Tesi ovviamente che mi guardo bene dall'esprimere in pubblico). Ehi, d'accordo, mi viene più di un prurito -e non uno di quei pruriti giusti- alle prese con il femminismo e le strombazzate riguardo una presunta superiorità femminile e l'esistenza di un'unica speranza di miglioramento del mondo -da riporre ovviamente nella metà giusta del cielo (per esempio, Lella Costa in un servizio del Tg3 regionale piemontese, qualche settimana fa: io, sempre per quel piglio polemico, avrei voluto risponderle che, se si ragionava a categorie, avevo più fiducia nei lombrichi che nelle donne, nella marcia verso il sol dell'avvenir) ma sono davvero un amico delle donne.

Però quando si arriva a fare i cretini, in pubblico, sulla questione femminile, beh, mi risulta tutto molto più facile del solito, perché le convinzioni teoriche vacillano alquanto sotto il peso dell'esperienza statistica personale. Ecco, se mi baso appunto su questo criterio, mi aspetto di apprezzare due cervelli, in una donna, e non tre. Per cui, quando mi imbatto in qualche rarissimo caso che smentisce questa mia sfiducia, è come una festa. Prendete per esempio Eva Amurri; se avete guardato la terza stagione di Californication, i suoi due cervelli li avrete sicuramente apprezzati. Ecco, sarà forse per una sorta di infusione del suo personaggio in quella serie, ma credo proprio che ne abbia pure un terzo. Qualche giorno fa, su Twitter, ha scritto una frase con una musicalità ed una bellezza in cui non mi imbattevo da un mucchio di tempo.

The 90s were witness to a lot of bad lipstick.

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