martedì 29 marzo 2011

Il sonno della ragione non genera solo Borghezi.

Immagino che chi abbia seguito, anche saltuariamente, questo blog o il mio account su Twitter si sia accorto che su Vendola ho il dente avvelenato. Gli ultimi post dovrebbero aver chiarito che sono un grande fan della rubrica di Cerasa sul Foglio "Nichi ma che stai a di'?". Una rubrica di rara efficacia (non l'ho seguita con rigore giornaliero ma solo in un'occasione finora non mi sono trovato d'accordo - era qualcosa sull'euromediterraneo), di piacevoli leggerezza e semplicità, che ha in sé qualcosa dell'Aikido (usare i movimenti della mossa dell'avversario per rivoltarla contro se stessa, ed annullarla) e una spruzzata di maieutica socratica (lavora non tanto sull'affermazione-imposizione delle tue idee-posizioni ma sfrutta le affermazioni del dialogante, lavora su di queste, per aiutarlo a capire - e cercare di capire qualcosa tu stesso, nell'operazione). Fatto sta che le favole su una presunta nuova retorica politica, sognante e ispiratrice, sul ritorno della politica alle idee, ai valori, alla cultura e all'etica, ecc. ecc. ne escono a pezzi, senza il bisogno di grandi analisi -che possono essere rivolte ad oggetti più meritevoli- ma ridicolizzate dalle affermazioni che di queste favole dovrebbero essere invece la prova provata.

Si potrebbe obiettare che il giochino di estrapolare brevi frasi o spezzoni da libri, interviste, interventi completi lascia il fianco ad accuse di manipolazione e malafede; e che una coerenza e lucidità a tempo pieno non si possono pretendere nemmeno da un guru, da un maestro, da un profeta. Si tratta però di obiezioni molto fragili, dato che le citazioni non sono trabocchetti da fuori-onda o battute occasionali ma sono per la maggior parte tratte da quei testi, da quei libri e da questi discorsi che della presunta epica vendoliana dovrebbero rappresentare i libri sacri, o i decaloghi.

Poi ci sono puntate della rubrica come quella odierna. "A Sarajevo, dopo la guerra, una delle cose che mi sconvolse di più è che avevano tagliato tutti gli alberi perché servivano a scaldarsi". Sono i momenti in cui capisci che ci si può fare una risata, su queste cose. Che si può essere catturati dal senso di ridicolezza che la rubrica ricrea. Ma è possibile che arrivi, tra qualche mese, tra qualche anno, il momento in cui molti, migliaia, milioni, vedano in Vendola l'unica speranza, il salvatore, il sole dell'avvenire, e si battano perché possa vincere le elezioni. Politica economica, politica sociale, politica culturale, politica estera affidati a Vendola. Ad uno che a Sarajevo dopo la guerra si fa colpire dagli alberi tagliati. No, no, diciamolo come sa sbottare solo il cantante degli Offlaga Disco Pax: GLI ALBERI TAGLIATI. Ora: svuotare la mente, ripensare a questa prospettiva, rabbrividire ad libitum.


(parentesi di aneddoti personali. Ho conosciuto una volta, per poco tempo, qualche settimana, una persona deliziosa. Non l'avrei mai immaginato prima - una di quelle cose che scopri solo durante, o anche dopo. Purtroppo. Era stata una volta a Sarajevo - aveva un genitore croato. L'avevano colpita, in particolare, i segni delle pallottole ancora conficcate un po' ovunque, nei muri dei palazzi del centro. Ho un amico adesso a Sarajevo - quasi quasi come souvenir gli chiedo di tagliare e portarmi un albero della città.)

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