mercoledì 21 ottobre 2009

Rat race

E' sempre quel misto di aspettativa e previsione che ti frega. Si parlava di città austera e decadente. Sono arrivato qui, un po' ingenuo, con quest'idea nella testa. Torino città di grandi glorie, che furono e non sono più, e spesso è proprio questo residuo, questa vernice imbruttita che resiste alla ruggine, a brillare di più, in fondo. Città chiusa nei propri ricordi, che corre col bavero alzato e mille grandi pensieri in testa, tra le vie squadrate, che si incrociano puntuali e rigorose, spazzata da un'aria gelida. Allampanata, assente.
Una città in cui tutto stia al suo posto, come in un salotto curato. La famiglia è decaduta, ma nobile, sa ancora riconoscere gli antichi valori, dare il giusto peso alle cose della vita. Tutto il tumulto è là fuori, in terre lontane e straniere. A Milano, che se ne sta in mezzo a questa pianura che noi giusto tocchiamo, per non farcene contaminare troppo. A Roma, che è un altro mondo. C'hanno rubato tutto, ma in fondo al prezzo di diventare dei formicai. Noi sappiamo come stare al mondo, noi in fondo saremo sempre un poco più accorti, più saggi e soprattutto più eleganti.
Non c'è alcun bisogno, di correre nella vita. Che porterebbe, se non sudore? Che altro? Basta poca esperienza, per capire che tutto ciò che si può cavar fuori dalla vita, se ne esce da una strada più piana, e dritta di quanto si immagini, trovata con tenacia e costanza, che si è saputo scovare con cocciuta razionalità.

Questa Torino esiste. In piccole riserve, in tracce sparse, spesso così impalpabili che ti lasciano il dubbio. Diresti quasi che sia stato un abbaglio, un'allucinazione. La mente testarda che si rifiuta di ammettere i propri errori e si costruisce prove false. Sono fantasmi, che scuotono le loro catene e nulla più. Il resto della città, quasi la totalità, è invece un groviglio di nervi, costantemente impegnato a buttar fuori un caos molesto.

L'esempio più immediato da cogliere è dato dal traffico. Se in molte altre zone settentrionali, nella stessa zona da cui provengo, per esempio, il codice stradale è un insieme di propositi indicativi per il quieto vivere, derogabili di volta in volta dal buon senso, o in presenza di casi particolari (nello specifico, è sempre il nostro, il caso più particolare), a Torino ci si spinge. Non esiste, a Torino, questa barbara usanza di cambiare le regole a proprio piacimento. A Torino la gente è seria, a Torino si seguono le norme. Certo, ciò non toglie che a Torino viga un codice della strada diversa. Bastano pochi giorni di permanenza in città per cogliere una ad una le differenze, esattamente come è possibile cogliere tutti i diversi costumi, da stranieri in una nuova terra. E' il semaforo, soprattutto, a dare segnali del tutto nuovi. Quel giallo luminoso, ammiccante, ci sorride bonario, confermandoci che tutto è a posto, possiamo andare tranquilli, senza pensieri. Ci pensa lui a farci da scudo e possiamo correre spensierati. A seguirlo c'è il rosso, e basta lo stacco cromatico a farci capire che qualcosa è cambiato. Il rosso è un colore ben più impegnativo, il rosso vuole metterci in guardia. Lo capiamo subito che si rivolge a noi, con quella sua sfrontata pienezza. Il rosso ci guarda, e sicuro ci sta interrogando. Non possiamo farci prendere dall'insicurezza proprio ora, nel momento della sfida. Perché, sì, il rosso c'ha sfidato, c'ha colpito con il suo guanto. Possiamo fermarci, rinunciare, uscirne sconfitti marchiati d'infamia. O, se siamo veri uomini, possiamo mostrare la nostra tempra, mettere in chiaro che nulla è al di là della nostra portata. Perché, in definitiva, il rosso pretende solo una cosa da noi: che guardiamo dentro noi stessi, soppesiamo il nostro valore, e lo mettiamo alla prova affrontando e superando la sfida. Il rosso è autocoscienza. Torino è una città di tori che non si fanno ammansire da semafori; il rosso è il colore del sangue che ribolle nelle vene del collo dilatate, nella corsa furente.
Data l'enorme portata dei due colori qui descritti, la loro polarità tra bene e male, sicurezza e tremendo dubbio, tutto sembra esaurito, ed il significato del verde non è pervenuto.

Non ci sono terze vie nelle strade di Torino. Si può essere solo un animale che lotta per non farsi soffocare da un mare di asfalto; sopravvivere o cadere nella corsa. E nel rullare incessante di arti al galoppo, ci sono solo versi disperati a spingerci avanti. Quell'urlo animale che attraversa, in ogni momento, le strade di questa città.

Torino è una città molto più rumorosa di quanto pensassi.


5 commenti:

  1. "Torino città di grandi glorie, che furono e non sono più" ...
    ah, la décadence. In fondo, caro Schiller, siamo due inguaribili romantici.
    Per sempre tuo,
    Charles B.

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  2. ps.
    hai più ascoltato "save for a rainy day"? Secondo me è fantastico, lo rovinano tutti quei bonus e quelle tracce extra decise dalla casa discografica. E' sempre la stessa storia.

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  3. Beh, non ho mai detto di ADERIRE a questa decadenza ;) immaginavo, e credevo di poter constatare. Una decadenza migliore di quella presente, ma forse semplicemente non esiste una buona decadenza.
    No, non l'ho ascoltato. Più che la depressione poté la stanchezza. E ci mise lo zampino il cambiamento del tempo. Però, quando lo ascolterò, avrò l'accortezza di controllare su Wiki o chi per essa la scaletta originale, e depurarla dagli intrusi. Promesso.

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  4. "un po' vecchiotta, provinciale, fresca
    tuttavia d'un tal garbo parigino"
    [...]
    Evviva i bôgianen... Sì, dici bene,
    o mio savio Gianduia ridarello!
    Buona è la vita senza foga, bello
    godere di cose piccole e serene...
    A l'è questiôn d' nen piessla... Dici bene
    o mio savio Gianduia ridarello!..."

    Leggendo l'intervento, non poteva non venirmi in mente questa poesia di Gozzano (leggetene la versione intera, ne vale la pena... come quasi tutto di Gozzano: w Gozzano abbasso d'annunzio, giusto visto che non tifo calcio, tifo altro :P)

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  5. Uhm, per cui parte di 'sta cosa l'avevano già detta...uhm. Per fortuna non c'erano i semafori allora (penso).

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