martedì 3 novembre 2009

Allora...sostituiamo baby con Jesus...

Era fin troppo scontato che scrivessi un post sulla faccenda del giorno, eh? Allora giro al largo, e butto lì qualche sommaria e non ben costruita riflessione corollaria, venuta leggendo più che altro i commenti lasciati sul sito del Corriere.
  • Uno dei miei blog preferiti è sempre stato Wittgenstein. Apprezzo molto i ragionamenti di Sofri, mi capita spesso di entusiasmarmi per la sua ironia, trovo geniale il modo in cui utilizza lo strumento comunicativo "blog". Non ho mai concordato però con quella cosa di non ospitare commenti. Forse mi sto ricredendo, però.
  • Alla luce di quella poco attraente accozzaglia di commenti, spesso un grumo di rancorose invettive, visione non nuova tra le pagine di interventi dei lettori, almeno su quel sito, posso trovare un pochino più comprensibili le (tuttavia infondate) reticenze e diffidenze, nei confronti della rete, della blogosfera, ecc. ecc, da parte dei giornali. Certo, a voler essere pignoli, parte della colpa è forse degli stessi quotidiani italiani, che invece di sfruttare le opportunità offerta da internet, ospitando nei propri siti ampliamenti, approfondimenti, contenuti nuovi rispetto alle edizioni cartacee, cogliendo il potenziale a disposizione, creando sul web una versione meno generalista e "sbrigativa", creando un polo capace di attrarre e stimolare le persone più interessante ad informarsi, capire, discutere con civiltà, si limitano a copincollare gli articoli che già si trovano in edicola, riducono i contenuti nuovi a gallerie di foto seducenti, o divertenti, o stravaganti, mettono a disposizione solamente qualche piccolo video o file audio. In questo modo si crea un ambiente fertile per la riproduzione dei soliti commenti da bar, per come la vedo io.
  • Il fatto che ci si accanisca a definirla "quella signora finlandese" (quando l'articolo, sperando sia corretto, spiega chiaramente che si tratta di una cittadina italiana, di origine finlandese) e che la si inviti a "tornarsene a casa, se non le va bene qui" (quando è questa casa sua), la dice lunga sul perché in Italia i problemi di integrazione e di rispetto dello straniero travolgano ogni precisione ed ogni buonsenso. Travolgano la cittadinanza stessa. Poi non stupisce che di fronte ad una proposta bipartisan, moderna, colma di buonsenso (scusate la ripetizione) come quella sulla cittadinanza, si alzino simili barricate. Ciò che stupisce è vedere che a parlare di radici italiane, di nostra cultura, di tradizioni nazionali, di indipendenza, rispetto ed onore del paese, siano persone pronte in un attimo a calpestare senza la minima remora quell'istituto giuridico che stabilisce chi sia italiano o meno, chi sia un nostro compatriota e chi un "intruso", che cementa la patria da difendere.
  • Tra i mille paragoni strampalati che vengono tirati in ballo (strampalati perché il torpore da ufficio non mi concede abbastanza grinta per definirli oltraggiosi, fuorvianti, imbecilli), quello più ricorrente (et dai) è quello con il burka. Questi s*****i vengono qui a comandare da noi e ci fanno togliere il simbolo più importante della nostra cultura(sic)? Allora che vadano pure dalle mussulmane a far togliere loro il burka. Non entrando nel merito della questione (una simile questione semplicemente non ce l'ha, un merito), basta una piccola annotazione, per liquidare il tutto. Non vale minimamente la pena di badare chi, non cogliendo la piccola differenza tra un crocifisso esposto da una istituzione pubblica e statale ed un capo indossato da un privato cittadino (o da una persona, anche se priva di cittadinanza. Non vedo dove stia la differenza), dimostra di non riuscire a capire nemmeno l'abc del tema, figuriamoci le sue implicazioni più profonde.
  • Nonostante ripetute precisazioni fornite da più di un commentatore (la Corte in questione non è la Corte di Giustizia della CE, la Corte in questione non ha niente a che vedere con la CE o l'UE, la Corte in questione è stata istituita con un trattato completamente indipendente, precedente, nato in un altro contesto e con altre motivazioni, ogni possibile azione riguardo il fatto è regolato da norme apposite di diritto internazionale, quindi non dal diritto comunitario, quindi non dalla nostra voglia di far cagnara), si tira sempre in ballo l'Europa. Giusto oggi c'è stata la ratifica ceca del Trattato di Lisbona. Una cosa di quelle grandi, eh, ed importanti, per quanto sicuramente non avrà il giusto risalto e nessuno si prenderà la briga di spiegarne il valore. Tra il materiale che sto leggendo in questo periodo (e le conferenze a cui sto partecipando) molto ha a che vedere con l'Europa, il processo di integrazione, le aspettative ed esigenze future (qui a Torino è molto forte il movimento federalista). Mi è capitato più volte, solo in questi ultimi giorni, di sentire critiche al modo in cui si è deciso di procedere (detto in parole povere: più intergovernativo, gestito a livello "istituzionale", cercando di evitare, spesso, l'intervento dell'elettorato) dopo le prime bocciature referendarie, accuse all'opacità dei processi decisionali a livello europeo, richiami vibranti alla necessità di una maggiore democratizzazione di quelle istituzioni. Io non sono un europeista della prima ora, ne ho impiegato di tempo a "convertirmi" a questa posizione, è stato un percorso ricco di tentennamenti, ma ora posso definirmi "abbastanza" europeista. E nonostante tutto, non posso che preoccuparmi per il tanto seguito accademico e non che queste "anime belle" riscuotono. Non è cinismo, non è mancanza di spirito democratico: lasciamo l'Europa in mano ai cittadini, e manderemo allo sfascio uno degli esperimenti politici più importanti degli ultimi decenni. Le opinioni pubbliche non hanno mai capito questo progetto, non l'hanno mai sostenuto fermamente e con coerenza, neanche nei suoi momenti di maggiori popolarità. Non riescono a capirlo nemmeno quando comporta per loro benefici diretti ed immediati, figuriamoci quando richiede sforzi, pesi, rinunce. L'Europa è qualcosa che va portato avanti a scapito di elettorati, popoli, ecc. ecc. Gli esempi sono mille, scegliere di non guardarli è il modo migliore per far crollare la baracca.
  • Riprendendo il discorso sopra. Sarò cinico, ma in barba alla linea che va per la maggiore, io considero una fortuna, un bene ed una cosa naturale e giusta che la politica estera sia uno dei temi più "vischiosi", su cui gli umori dell'opinione pubblica hanno meno influenza diretta. La democrazia rappresentativa (che poi di democrazia indiretta si tratta, per quanto l'aggettivo indiretta ci faccia impallidire, con i sospetti che ci fa sorgere) non è solo un fatto tecnico, un succedaneo necessario della migliore democrazia diretta, quando questa per cause di forza maggiore non sia praticabile. E' un modello diverso, e per molti punti di vista migliore. Sta ad indicare che il governo, la politica, la res pubblica sono cose serie, e certo che ho la possibilità di dire la mia, e di parteciparne alla gestione, ma questo dovrebbe essere fatto attraverso un meccanismo che permetta di affidare la gestione diretta a qualcuno dotato di competenze per farlo, possibilmente migliore di me. E' la questione dell'elitismo, su cui non mi addentro, perché Sofri ne ha scritto in modo più chiaro e convincente di quanto io possa anche solo sognarmi.
  • No, non lo dico, cosa penso sul tema. Perché credo che sia possibile, e doveroso, forse, mettersi a spiegare sul perché non sarebbe il caso che i crocifissi stiano nelle scuole. Ma le motivazioni sono immediate, ovvie, risiedono nel buonsenso più che nell'argomentazione razionale. Quindi, mille sforzi per spiegare, convincere, non smuoverebbero di un millimetro chi fa muro contrario. Sarebbero impegno, energie, parole buttate al vento. Si ricaverebbe solamente un'ulteriore dose di scoramento, e ci ritroveremo a provare a nostra volta, di rimando, un certo grado di astio, che rischierebbe di far perdere lucidità alle nostre posizioni.

3 commenti:

  1. Le radici cristiane e che diamine Luca...
    Comunque rispondo al quesito posto. David Miliband è un gran figo. Vorrei fosse il MIO ministro degli Esteri. Ma è inglese. E, insomma, mettere come Signor PESC un inglese sarebbe, chessò, come fare premier di Troia un acheo. Io diffido dei britannici (soprattutto quando portano doni) ma, in particolare, mi preme il destino del Labour. E quindi bene che David si occupi, con il fratello, di ridare animo al partito. D'Alema in Europa, detto fuori dai denti, si leverebbe finalmente dalle balle, lasciando magari respirare il Pd. Non è un'opzione che mi emoziona, soprattutto perchè necessita di essere sottoposta a compromessi inquietanti. Mi chiedo se ne valga la pena...

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  2. La faccenda del crocefisso è come sempre legata alla lacuna di coscienza nazionale italiana. E' un tutt'uno con la laicità dello stato. Purtroppo non riusciamo a rinunciare a questi (vacui, del resto) simboli religiosi perché nel nostro immaginario politico non c'è nient'altro che possa costituire una coscienza comune (sì, siamo messi bene). Condivido tutti i punti, compresi quelli in politica estera.

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  3. Io sul signor PESC non ho idee precise (poi il ruolo adesso cambia abbastanza, in teoria, no?). Ogni soluzione mi sembra piena di controindicazioni. Un inglese, in quel ruolo, sarebbe fuori luogo, dici. Però in fondo un inglese in Europa sarebbe fuori luogo per qualunque incarico, no? Mettere Miliband in quel posto permetterebbe di evitare il danno peggiore, il successo della candidatura di Blair (per fortuna un po' bruciata, grazie al gran lavoro di Sarkozy; è la prima volta che voglio bene a quell'uomo), di dare agli inglesi un posto importante e non dover concedere loro troppo, d'altro, di candidare il politico inglese che sembra essere il migliore, tra quelli in circolazione, e di farlo in un campo in cui gli inglesi hanno una gran tradizione (salvo momentanei black-out). Parli del Labour. Anche lì, non so. Il Labour è dato da tutti per spacciato, a questo giro, e pare che i Tories vinceranno facile e di gran misura. Ed in genere in Europa (Uk, Francia, Germania), si va per cicli politici lunghi. Infine, in quei paesi, un leader non è buono per tutte le stagioni. Con Miliband che prenda una posizione di comando adesso, quando per anni si dovrà portare la croce, il Labour rischia di essersi giocato il suo leader più naturale quando riuscirà a tornare al governo. E' una visione estremamente cinica e tattica, e mi faccio paura da solo, ma forse Miliband dovrebbe impegnare il suo carisma e le sue idee "sotto banco", senza metterci la faccia in prima persona. Stimolare un nuovo ciclo, da guidare quando questo avrà basi solide.

    D'Alema fuori dalle balle suona bene. Una boccata d'ossigeno miracolosa. Ma non credo ne valga la pena. Nonostante si ostini a pensare il contrario, non lo vedo adatto per un incarico nel campo degli affari esteri. Si crede più furbo di quanto in realtà non sia, ed è così che si prendono le cantonate maggiori, in quel campo. Inoltre, l'Italia ha mandato a ricoprire incarichi in Europa, negli anni passati, personalità di tutto rispetto. Senza andare troppo indietro nel tempo basta citare Prodi e Monti. Inutile dire che ultimamente il fenomeno si è invertito (Frattini, che per lo meno se l'è cavata, Tajani, quel tentativo con Buttiglione). Il nome di D'Alema forse sarebbe più un continuare nella perversione, che tornare agli antichi splendori. Un brillante oratore, un fine polemista, ma un politico modesto.

    Forse, a questo punto, sarebbe meglio un personaggio minore. Da uno di quei paesi di "medio-piccola" taglia, come il Belgio e la Finlandia, che hanno sempre fatto un grandissimo lavoro, per l'Europa. Qualcuno che, in un momento in cui quel ruolo può giocare un ruolo internazionale maggiore, possa affacciarsi sulla scena senza portarsi sulle spalle eccessivi protagonismi personali. Qualcuno che, in un momento in cui si dovrà rodare un nuovo equilibrio istituzionale, e ruoli e meccanismi dovranno assestarsi, sappia dimostrarsi più duttile, più adattabile.

    Le radici cristiane...sì?

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